07 aprile, 2018

Seges: Dove sta il mio occhio cresce il mio grano

G. Presti & C. Saija
Seges: Dove sta il mio occhio cresce il mio grano
Ambiente sonoro sensibile
Collezione Paolo VI, Concesio










Seges: Dove sta il mio occhio cresce il mio grano è un'installazione sonora, un ambiente sensibile, il cui aspetto e il cui suono consistono in riflessi e deformazioni di ciò che accade al suo interno. L'opera gioca con il concetto di "distorsione percettiva" e con la possibilità di esperire il suono come vibrazione, un labirinto di specchi vibranti che converge verso un luogo di riflessione.

In un certo senso la si può vedere come una camera di risonanza del sé: l'opera prende la forma e la voce dal visitatore che la esperisce, ponendolo senza mezzi termini davanti all'infinito, alla fallibilità dei sensi, a se stesso.

Come nella maggior parte dell'arte, l'opera nasce dall'intento di suscitare significati ed emozioni, fornire alla persona un linguaggio estraneo a quello quotidiano, per permettere di formulare e rappresentare concetti altrimenti incastrati nei limiti della lingua.
Temi come l'anima, la morte e l'abisso, in filosofia spesso si diluiscono in discorsi retorici, più legati alla cultura che alla realtà. In quest'opera si vuole superare l'aspetto verbale proponendo una unificazione di questi concetti. Il percetto chiamato "anima" è qui rappresentato come risultato del più profondo dei contrasti: quello tra l'abisso (potenzialmente spaventoso, ma infinito, uniforme e democratico) e il nostro sentire,  che per la natura mortale dell'uomo è finito, fallibile e carico di tensioni sociali. Un sentire che si configura come proiezioni di sé intersecate con le proiezioni di altri. L'esito estetico di queste intersezioni dipende dal comportamento di ognuno e sottolinea come il senso di bellezza possa fornire una forma di bussola morale che contrasti il buio.

Da notare infine che l'opera si attiva in modo completo solo con un comportamento attivo: producendo suono e muovendosi nello spazio. Da un lato l'ascolto si manifesta come processo attivo, come forma di interazione e integrazione nella realtà, mentre dall'altro la diversa risposta dell'opera alla presenza fisica in punti diversi esplicita la natura malleabile dello spazio; non solo palcoscenico, ma attore nella realtà.

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